La direzione regionale del partito democratico venerdì 7 luglio ha stabilito le regole e il giorno per l’elezione del nuovo segretario regionale, A votare, domenica primo ottobre, saranno i 21. 471mila iscritti al partito in Lombardia, di cui 2.897 a Brescia (seconda provincia come sostenitori dopo Milano che ne ha quasi settemila). Le candidature dovranno essere presentate entro il 26 agosto. Anche a Brescia sono previsti congressi per il rinnovo del direttivo e del segretario provinciale e di quello cittadino.
Congresso che riuscirà a sanare la doppia anima presente nei dem, quella progressista di sinistra e quella cattolica? Ne parliamo con il presidente della direzione regionale Claudio Bragaglio.
Cosa insegnano la storia delle radici dell'Ulivo e la vittoria di Laura Castelletti?
Nel condividere le proposte sociali dell’on. Bersani alla festa del PD di Nave, mi scorrevano in testa le opposte parole di Conte (Paolo!) che, sulle note di “Azzurro”, dicono d’un “treno che nei miei pensieri all'incontrario va”. Convinto da sempre che sia la politica a dar corpo ai programmi. E non il contrario.
Aiutato in ciò persino da Archimede con quel suo famoso “punto di appoggio” per poter sollevare il mondo! Nella metafora: la politica, appunto! Proprio quello che ci spinge ad individuare anche gli errori politici fatti, per evitarli in futuro.
Il primo errore è stata la presunzione, con relativa sconfitta, dei “Progressisti” nel ‘94. Quindi il mancato accordo tra PDS e Popolari. Ma, a fine ’94, c’è invece l’alleanza per la Loggia, con la vittoria di Martinazzoli-Corsini, che apre la via dell’Ulivo.
Ma nell’Ulivo di Prodi vi sono poi tre tendenze: chi è per un Ulivo come alleanza strategica, chi per un Partito Democratico americano (Prodi e Veltroni), chi per un Partito Socialista europeo (D’Alema e Amato). Ma un convegno, nel ’97 a Gargonza, preannuncia la rottura, tra chi riteneva l’Ulivo una alleanza strategica e chi una rapida fase di passaggio verso un partito. Questa la vera causa della crisi del Governo Prodi. Con Bertinotti a far da cavia.
Da lì prese vita l’ambaradan per referendum, leggi ipermaggioritarie e collegi uninominali che ci han portato fino al disastro del Rosatellum. Col mito del “Sacro Graal” d’un PD, unico e maggioritario, che ha soppiantato l’Ulivo plurale e l’alleanza tra diverse forze.
Ma la miopia nazionale fu tale da far convivere i due opposti principi, lacerando quindi il cuore stesso del PD. Infatti in Comuni e Regioni il PD si ritrova in un sistema simil-proporzionale, con premio di maggioranza per la coalizione vincente. Quindi con un modello ulivista. Mentre per il Parlamento viene premiato il partito maggioritario, ma a danno degli alleati. Quindi con un modello…antiulivista!
Un sistema, quello locale delle alleanze, che ha portato un PD al governo del 65% dei Comuni e in 15 Regioni, mentre quell’altro PD perdeva a livello nazionale! Ed i programmi? Non più che lo zigzagare tra opposte scelte politiche e dieci segretari del PD. Con tutti quegli opposti “punti di appoggio” del PD che avrebbero fatto sclerare persino quel genio di Archimede.
E le vicende di M5S e Renzi? Il frutto vien dalle radici, quindi da dove son sbucate, se non da quella storia del PD? Non è forse dalla reazione ad un anomalo bipartitismo – già dall’accordo Veltroni/Berlusconi del 2007- che è cresciuto fino al 33% il M5S di Grillo? Non è per un tale bipartitismo che si fa la “battaglia al centro” da cui è poi nato Renzi, con 70% del consenso in un PD “neocentrista”?
Nasce un’area Bonaccini nel PD? Per me è un bene! Tutti pronti a criticare – giustamente - il correntismo, ma esso si espande proprio perché mancano le…correnti! Diciamo meglio: mancano aree politiche definite e chiare. Legittimate da Mozioni e da Congressi. Solo un PD che regola la dialettica delle sue componenti può mettere a freno il correntismo più deteriore. La balcanizzazione. Infatti il pluralismo del PD è quello degli iscritti che si riconoscono in aree culturali e politiche.
Bersani sbagliò a fare il “Segretario di tutti”, senza un’area propria, tra le diverse aree. Schlein rischia su questo stesso punto. E’ quindi meglio definire in modo democratico e con politiche chiare le varie componenti che si confrontano, assumendo responsabilità in una cornice unitaria del PD. Piuttosto che avere dei pretoriani a difesa della “Tenda del Capo” di turno, nel campo d’un Agramante, con tutti contro tutti. Da non dimenticare i 10 generali/segretari liquidati nei 15 anni di vita del PD! A cui aggiungere i “101 congiurati", nel 2013, contro Prodi!
E’ meglio infatti un pluralismo trasparente piuttosto che un correntismo sregolato. Personalizzato spesso sugli “eletti” - dai Sindaci ai Parlamentari - che si fanno partito nel…partito! Con proprie finanze e strutture. Quindi un PD degli eletti “versus” un partito-società!
Tutto ciò che va nella giusta direzione è il benvenuto! A partire da aree, come il riformismo di sinistra, il cattolicesimo democratico ed altre ancora, ma che nel vecchio PD si sono purtroppo scomposte e spesso...imboscate. Aree distinte non perché “l’una contro l’altra armate”, ma per assumere responsabilità anche d’una gestione unitaria del PD. Come mi auguro per i prossimi Congressi del PD in Lombardia e a Brescia. Evitando tentazioni - già affiorate - di mettere in campo ristrette logiche di potere o di candidature personali.
Quindi un augurio all’area di Bonaccini, anche se non è certo la mia area di riferimento! Ma è un segnale anche per chi ha vinto un Congresso, ma non s’è ancora mosso a sufficienza. Anche sulla collegialità della guida politica. Sapendo che le vittorie van da subito “messe a terra” perché comportano responsabilità a 360°. Sapendo che ad una travolgente azione - se poi mal gestita - corrisponde un’analoga, ma opposta forza di…reazione! In politica, come in fisica, vale il “terzo principio della dinamica”. Come quella, ci direbbe Schlein, d’una slavina che t'arriva addosso senza neppur averla avvistata!
Si crede che l’ultimo congresso del PD sia nella norma e non – come ritengo – un’eccezione. La vittoria di Schlein non è la conferma d’un moto ormai pendolare dell’ennesimo cambio di segretari e di linee nel PD. Ne è invece la sua più radicale sconfessione, che parte da Letta, per risalire fino a Veltroni. Nessun segretario escluso.
In cosa consiste il valore nazionale del voto per Castelletti Sindaco? L’essere tra gli ultimi fortini del passato o l’avamposto del futuro? Son credibili entrambe le risposte. Una vittoria scontata? In realtà il Centro Sinistra ha rischiato di finire a pezzi. Basta rileggere le cronache d’un…calvario. Anche se per tutto ciò sta pure il valore in più d’una grande vittoria. S’è detto del buon decennio di Del Bono Sindaco. Vero. Come pure dei rilevanti risultati dell’Ulivo di Martinazzoli-Corsini. Ma d’un buon governo va detto anche di altre Città, che son però capitolate sotto l’urto della Destra!
Ora si scopre che il PD senza alleanze perde! Dopo aver sostenuto il mito fondativo d’un PD maggioritario e solitario antitetico ad un PD coalizionale. Il Centro Sinistra dei Comuni ha sviluppato una politica opposta a quella nazionale, con ampie alleanze anche civiche. Ma adesso cede e soccombe. Così per le stesse Regioni progressiste che son passate in pochi anni da 15 a 4!
Ora s’impalca un processo per la sconfitta alla Schlein, l’ultima arrivata. Ha del grottesco. Ma già questo dice d’un “virus” che serpeggia in una parte del PD. Quello d’uno “scaricabarile” di alcuni dirigenti che non sono all’altezza del proprio ruolo.
Un PD che, con poche eccezioni, in questi 15 anni ci ha portato anche sconfitte locali ed al governo del Paese la Destra…Destra! Sentire alcuni responsabili degli errori di ieri ergersi contro la Schlein ad implacabili “giudici” di oggi mi risulta insopportabile. Una parte minoritaria, ma che s’immagina di rovesciare l’esito congressuale. Ma con quale credibilità se ci porta in dote le cocenti sconfitte del PD e la “roulette” di 10 Segretari?
Il voto dato alla Schlein ha assunto persino una valenza contro un “vecchio PD”. Vero. Ma da quel bivio non si torna indietro, se non mettendo in gioco la sopravvivenza stessa del PD. Cosa ben diversa, invece, è un confronto anche se critico per correggere errori e limiti della stessa Schlein.
Assumono importanza i Congressi in Lombardia ed a Brescia. Si tratta intanto di non fare la fotocopia del Congresso nazionale. Da replicanti. Quando è indispensabile collocarci dentro il nuovo mainstream, ma ricercando con chiarezza – per programmi e leadership – la via di congressi unitari, raccogliendo il meglio delle diverse Mozioni e dei gruppi dirigenti. Sembra una formula salomonica, mentre è la soluzione auspicabile anche a garanzia del pluralismo nel PD.
Come evitare le insidie elettorali? Di certo non fidandosi della produzione di parole a mezzo di parole. Quindi allineando le parole ai fatti! Come per i contratti di casa nostra, verificando l’affidabilità dei proponenti. A maggior ragione per un “contratto sociale”, riguardante Brescia, mettendo a confronto i due opposti contraenti, vale a dire Castelletti e Rolfi, e verificando la loro affidabilità! Ben sapendo che chi quell’allineamento tra parole e fatti non l’ha mai praticato, di certo anche in futuro non lo farà! Castelletti rivendica la continuità del buon decennio del sindaco Del Bono. Con fatti che son lì da vedere. Rilancia e ne amplia il valore. E la sua è una continuità che ha radici profonde a Brescia.
Altri fatti ci dicono invece d’un Centrodestra molto contraddittorio. Risalendo persino alle opposte anime della DC. Pensiamo ad un Prandini contro Padula e Martinazzoli, per la conquista della Loggia, nella crisi degli anni ‘80/90. Ebbene tale Centrodestra ha rappresentato nei fatti e negli anni un freno - persino un deragliamento - sulle scelte più importanti in città. Infatti, il Centrodestra s’è quasi sempre collocato sul versante della contrarietà. Come un partito del no! Persino quando era parte del governo in Loggia. Per esempio, contro la politica urbanistica di Bazoli, contro il progetto culturale del socialista Frati portandolo alle dimissioni, contro il Metrò con la segreteria DC di Baronio e poi con due Referendum per il no. Contro anche il Termovalorizzatore, poi, tentando di affossarlo durante la Giunta Panella, nel 1992, con l’assessore prandiniano Corbelli a far leva persino sul PCI-PDS, allora all’opposizione.