Interventi

Non ci sono cose colorate in giro, solo persone

Egregio Direttore,

mi son chiesto – anche per la stima che ho per Lei – se prendere silenziosamente atto delle sue osservazioni critiche, o rispondere con garbo, limitandomi a dire che anche nelle polemiche pratico la “par condicio”. Quindi con lo stesso stile – apprezzato o meno che sia – per un calabrese od un valsabbino. Con le stesse ironie, cadute di stile o prese in giro…:, come Lei stessa – pungente - mi ricorda. A testimonianza mia porto l’esempio di varie polemiche con colleghi del Nord o del Sud, con i quali in generale mantengo rapporti di cordialità. Anche perché sempre – è la regola del ring – son loro a rispondere colpo su colpo…e di questo non mi dolgo per nulla. Fermandomi qui.
Ma, così facendo, non sarei del tutto sincero, perché mi è sembrato che Lei cogliesse un qualcosa di più e di troppo nel mio fastidio polemico verso il dottor Acri. Anche in quel mio voler violare il tabù con un provocatorio richiamo al “negher” e al “terù”.
E’ questo un aspetto delicato che non intendo aggirare, andando anche oltre l’inconsapevole Acri. Quindi anche oltre le sue bugie quando, dopo ben tre giorni, non gli è venuto di meglio che sostituire gli stranieri con delle ignare “famiglie arcobaleno” che, di colpo, son state da Acri persino espropriate della loro “italianità”. Che siano neri, gay o domani dell’altro per Acri sono le sgradite “cose colorate in giro”. E qui, parlando di persone, spero che lo svarione sia ascrivibile ad una sua sconcertante povertà di lessico. Laureato in medicina, si vede che sul resto, in Consiglio e fuori, si confonde.


Acri, i "terù" e i "negher" (ovvero la polemica sulle “cose colorate in giro”)

Che dire del debutto a Palazzo Loggia del consigliere comunale Gianfranco…Acri?! Lo stesso cognome suo di ascendenze greco-arabo-- fenicio-egizian-nordafricane avrebbe dovuto consigliargli in Loggia maggior prudenza, sul lamento contro le “cose colorate” in movimento per le vie di Brescia.
Stesso consiglio – immagino, ogni mattina – guardandosi nel suo stesso specchio in bagno. Per non dire pure in quello della sua coscienza che, per quanto ridotto ad uno specchietto retrovisore, si dovrebbe in genere comunque avere. Ed ogni tanto anche sbirciare per evitare dei grossi guai.
Giorni fa nel piano di mezzo del Metrò di via Marconi, nei pochi metri tra un ascensore e l’altro, pedalando in bici, un tizio cantava ad alta voce  “De negher e de terù non ne posso più”.
La volta prossima che lo vedo gli parlerò dell’amico Acri e spero di convincerlo ad accorciar la rima ai soli “negher”, perché pure i “terù” son passati dalla sua parte. Non so se mi riuscirà…se gradirà...se ci cascherà…Mi sembrava tutto, ma non un allocco. Perché l’intolleranza tende ad allargarsi più che a restringersi. E la prossima volta temo proprio che farà pure un qualche girotondo con la bici per completare un nuovo e più lungo elenco, oltre i "negher" e i "terù".
Di certo vorrei regalare al dottor Acri un libretto dello storico Carlo Cipolla intitolato “Allegro ma non troppo. Le leggi della stupidità umana”. Non parla di razzismo e di siculo-calabro-aspiranti ariani, e neppure  è  – tranquillo Gianfranco! -  di eccessivo impegno.
Ma son certo che pure Acri nel riflettere su quelle leggi - ch’egli mi pare stia osservando puntualmente - possa trarne un qualche giovamento. A volte - e saggiamente - anche solo non aprendo bocca.

Discorso su Marx – Intervento di Massimo D’Alema all’Università di Pechino 5 maggio 2018

Intervento di Massimo D’Alema - Peking University, Beijing
Nel 1992, nel clima culturale che si era determinato nel mondo occidentale dopo la caduta del Muro di Berlino e il crollo dell’Unione Sovietica e del sistema dei paesi socialisti dell’Est europeo, Francis Fukuyama pubblicò un libro: “La fine della storia” che sembrò aprire un’epoca nuova e indicare una tendenza non reversibile.
In esso si teorizzava che, con la fine del comunismo, il mondo si sarebbe unificato sotto l’egemonia del capitalismo e della democrazia liberale. Il dominio del mercato avrebbe non solo posto fine al conflitto sociale – a quel conflitto tra servo e padrone teorizzato da Marx come il motore della storia -, ma avrebbe creato le condizioni del migliore dei mondi possibili. L’economia di mercato e il capitalismo avrebbero corrisposto ai bisogni fondamentali e garantito una allocazione razionale delle risorse; mentre lo sviluppo economico e tecnologico avrebbero progressivamente omologato le differenti culture e i particolarismi nazionali unificando il mondo sulla base del modello culturale del capitalismo occidentale.

IL TRIBUTO AL FILOSOFO EMANUELE SEVERINO A BRESCIA

2 e 3 marzo 2018, in Palazzo Loggia e presso le Università Statale e Cattolica
Promosso dall’ASES (Associazione di Studi Emanuele Severino) venerdì 2 marzo, dalle ore 8.30 alle 13, in Palazzo Loggia si tiene il Convegno sul filosofo Emanuele  Severino, con apertura alla cittadinanza ed ai rappresentanti delle istituzioni. Il Convegno poi prosegue nel pomeriggio ed il giorno successivo, presso le sedi della Università Statale e dell’Università Cattolica.

Cesare Trebeschi: Udienza con Paolo VI. Libro di Massimo Tedeschi

Quando gli anni scappano a decine, capita di passar in rassegna molti cimiteri: ricordo di aver ammirato con Mino, la sobrietà di quello della sua Orzinuovi, essenziale nelle epigrafi puramente anagrafiche, mentre a un tiro di schioppo i figli dolenti del defunto costruttore di orologi da campanile si premurano avvertire vivi e defunti “che continuano la ditta”.  Costretto dalla professione a frequentare cimiteri e anticamere, Massimo Tedeschi (che peraltro nella sua monumentale, semiclandestina, storia del nostro Consiglio comunale non aveva dimenticato l’u­dienza) escogita un anniversario quarantennale: molti hanno festeggiato nozze d’ar­gento e messe d’oro; ahimè, 40 pare richiami il numero della quaresima. Pochi mesi dopo quell’udienza Paolo VI sarebbe scomparso: col suo struggente pen­siero alla morte la presagiva; dopo 40 anni come non legger quell’incontro co­me un testamento, un legato te­sta­mentario del gladiatore morente alla sua città?
In quell’occasione impressionò il suo penoso camminare come su sassolini: ben ricordo in altra udienza i fulmini dei segretari quando mia mamma si permise di dirgli ma santità, si sieda, faccia come fosse a casa sua!  sassolini? era schiacciato da un macigno, il macigno del pontificato.

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