Interventi

Residence Prealpino di Brescia: le Istituzioni nella gestione di una emergenza

Brescia nella classifica dei residenti è la 6° Provincia su scala nazionale, con una popolazione di circa 1.265.000 abitanti ed è anche tra le più estese per territorio. Essa rappresenta, per la forte struttura sia industriale che agricola, un polo fortemente attrattivo per l’immigrazione. Risiedono infatti circa 160 mila stranieri, rappresentando dopo Roma, Milano e Torino la 4° Provincia a livello nazionale, con una percentuale del 13% su scala provinciale, mentre nel Comune capoluogo vi sono ben 40 mila stranieri, su 200 mila abitanti .
La potenzialità di sbocchi lavorativi – agricoltura, zootecnia, siderurgia, industria e commercio – ha consentito un percorso di integrazione lavorativa su cui hanno, in generale, operato con impegno Istituzioni, Forze politiche, sindacali e sociali, la stessa Chiesa bresciana. Ma in presenza anche di contraddizioni evidenti soprattutto sul piano politico, riguardanti la “etnicizzazione” di alcuni quartieri, l’accesso alla rete gratuita dei servizi, le graduatorie dell’edilizia residenziale pubblica, la composizione delle classi nelle scuole, il commercio abusivo. Per non dire poi di problematiche riguardanti l’insicurezza ed illegalità di vario tipo.
Contraddizioni, e relative tensioni, che a volte si sono manifestate in modo particolarmente acuto.
Riporto tre esempi – tra loro anche molto diversi – ma che si sono sedimentati nella profondità della memoria della città e che aiutano la comprensione del clima politico e sociale che ha accompagnato vicende come la stessa complessa vicenda del Residence Prealpino. Comprensione anche dei rischi di tensioni ed, in taluni momenti, di “esplosione sociale”.
Il primo. 45 giorni di protesta, maggio-giugno del 2000, con l’occupazione di Piazza Loggia, il centro della città, per la sanatoria di 5 mila immigrati.

Quattro Biografie

Prefazione al libro “Il nostro incrocio con la storia Il racconto di quattro comunisti bresciani: Giuseppe Sartori, Mario Tambalotti, Franco Torri, Giuseppe Paderno”. A cura di Mauro Baioni, Roberto Cucchini, Flavio Piardi, Valerio Verga. Liberedizioni. Fondazione DS. In corso di pubblicazione)
La pubblicazione di queste biografie sollecita una meritevole riflessione sul valore delle esperienze vissute da Pino Sartori, Franco Torri, Mario Tambalotti e Beppe Paderno. Con aspetti umani e lavorativi, politici e familiari che riportano alla nostra attenzione - oggi troppo spesso sfuocata - storie di impegno e di valori morali, di sconfitte e di vittorie lungo un complesso percorso bresciano del PCI, della Cgil e della Sinistra politica e sociale. Ed è proprio una lettura attenta delle biografie dei militanti e delle storie anche locali che ci può per davvero far conoscere la realtà più profonda del PCI. Comprese le sue diversità territoriali, dalle “zone bianche” di Brescia all’Emilia rossa. Il suo articolato radicamento, dal Nord industriale al Sud bracciantile e dell’emigrazione. Il suo insediamento nella classe operaia, ma anche nel ceto medio. Il consenso raccolto nei quartieri poveri e nel contempo tra gli intellettuali, al punto da poter valutare anche i lunghi periodi d’una “egemonia culturale” del PCI.

Trigesimo in ricordo del prof. Emanuele Severino 18 02 20

TRIGESIMO IN RICORDO DEL PROF. EMANUELE SEVERINO
MARTEDÌ 18 FEBBRAIO, ALLE 16:30, IN PALAZZO LOGGIA (BRESCIA)
INCONTRO PUBBLICO IN RICORDO DEL PROF. EMANUELE SEVERINO, SCOMPARSO IL 17 GENNAIO.

ASES (Associazione Emanuele Severino) e COMUNE DI BRESCIA
Martedì 18 febbraio, ore 16.30, presso il Palazzo della Loggia,
piazza Loggia 1, Brescia
TRIGESIMO IN RICORDO DEL PROF. EMANUELE SEVERINO
Partecipano:
EMILIO DEL BONO (Sindaco di Brescia),
INES TESTONI (Presidente di ASES),
ANNA SEVERINO (Vicepresidente di ASES),
Con le testimonianze di:
FRANCO ANELLI (Rettore dell’Università Cattolica di Milano),
GIAN MARIO BANDERA (Direttore del Centro Teatrale Bresciano),
ILARIO BERTOLETTI (Direttore di Editrice Morcelliana),
ROBERTO CALASSO (Direttore della Casa Editrice Adelphi),
PAOLO CORSINI (Senatore, storico),
GIULIO GOGGI (Vicepresidente ASES),
MICHELE LENOCI (Professore dell’Università Cattolica),
MAURIZIO TIRA (Rettore dell’Università Statale di Brescia).
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Incontro pubblico

Martedì 18 febbraio, alle 16:30, in palazzo Loggia (Brescia), si tiene un incontro in ricordo prof. Emanuele Severino, scomparso il 17 gennaio.
L’evento è stato voluto e organizzato dall’Associazione di Studi Emanuele Severino (ASES) e dal Comune di Brescia con il sindaco Emilio del Bono che ha aderito per testimoniare la vicinanza della Città alla famiglia del filosofo.
Il legame tra Emanuele Severino e Brescia – città dove è nato e ha vissuto – è sempre stato molto intenso tant’è che anche quando alla fine degli anni ‘60 lasciò l’Università Cattolica – dopo la celebre polemica con il mondo cattolico in seguito alla pubblicazione di “Ritornare a Parmenide”, e la conseguente sentenza dell’ex Sant’Uffizio che dichiarò il suo pensiero incompatibile con il cristianesimo – rifiutò di trasferirsi all’Università di Roma per non allontanarsi dalla sua città. «Mi ci trovo come nelle mie pantofole» aveva dichiarato in un’intervista per poi aggiungere che a Brescia si sentiva a suo agio «Come il beduino si trova a suo agio sul suo cammello».
Ma il legame di Emanuele Severino con Brescia va al di là dei ricordi biografici. È particolarmente significativo quindi ricordare che proprio con le case editrici bresciane ha pubblicato le sue prime opere: “La struttura originaria” nel 1958 con La Scuola ora edito da Adelphi anche se La Scuola lo ha riproposto qualche anno fa in copia anastatica. Sempre La Scuola, nel 1960, ha dato alle stampe il saggio “Per un rinnovamento della interpretazione della filosofia fichtiana”, che ora è inserito in “Fondamento della contraddizione” di  Adelphi. Recentemente è inoltre uscito “Educare al pensiero”. È di Paideia la prima edizione di “Essenza del nichilismo” con il famoso saggio “Ritornare a Parmenide”, uscito in precedenza sulla “Rivista di filosofia neoscolastica”.

Bragaglio: contro la paura. Una riflessione di Luciano Costa

Su Bresciaoggi del 29 dicembre, Luciano Costa ha scritto il suo Domenicale: “Liberiamoci dalla paura e il 2020 sarà un buon anno”.
Ampio, ancor più delle omelie che ormai tendon sempre più ad esser invece fin troppo asciutte e svelte, Luciano sviluppa una serie di considerazioni che spaziano dai nomi nazionali (Mattarella, Papa Francesco) ai locali (Del Bono e Mons. Tremolada) che si schieran contro la paura, con buoni ragionamenti che mi sento di poter condividere pienamente.
Più che di generosi e profumati grani di incenso a favore dell'ottimismo, quel che mi è piaciuto nel pezzo è questo suo "schierarsi contro" la paura. Contro i pavidi. Combattivo. Paura che certo c'è, ma - dice Luciano- va pur contrastata. Da lì anche il pronostico suo sul 2020. Che mi sentirei di condividere, toccando ferro, magari coi dati elettorali dell'Emilia tra le mani. Certo anch'io son fiducioso perché il vento sta cambiando in meglio. Sarà per ora solo un refolo... ma come scriveva anche Verdelli, il Direttore di Repubblica, sabato  28 dicembre:  "Avviso ai naviganti, non sprecate il buon vento".


Mario Tambalotti: testimonianza del figlio Andrea

Una delle tante cose che ho imparato da mio papà è che quando si parla in pubblico non si può leggere un testo. Bisogna farlo a braccio, anche se naturalmente sulla base di un canovaccio ben studiato. Lui faceva così. Ed infatti, quando faccio delle presentazioni per lavoro, cosa che mi capita abbastanza spesso, ci penso, mi preparo, so cosa voglio dire, ma non seguo un testo scritto. Mi è impossibile farlo. Ma in questo caso, perdonatemi, devo leggere. Per due motivi. Primo, senza un testo, avrei divagato e parlato troppo, perché sono figlio di mio padre. Secondo, non credo che sarei riuscito ad arrivare in fondo. Vediamo se ce la faccio così.
Una persona straordinaria
Mio papà era una persona straordinaria. Credo che ciascuno di voi lo possa testimoniare. Era straordinaria la sua biografia, straordinario il suo carattere, ed è straordinario quello che ci lascia, tramite le sue opere, quello che ha fatto, e per il suo esempio. Mi piacerebbe poter spendere un po’ più tempo a parlare della sua biografia, della sua parabola da figlio della classe operaia in Via Milano, cresciuto durante il fascismo, sempre fermamente opposto da lui, e dal suo amatissimo papà Vincenzo, Cenci, al diploma di perito industriale, alla laurea alla Bocconi, alla quale si era iscritto quasi per caso, alle tante soddisfazioni professionali, come uno dei primi commercialisti a Brescia, e tanto altro, ma non ho il tempo, e probabilmente non ne vale la pena. Perché quello per cui credo tutti lo ricorderemo di più, sono il suo carattere ed il suo esempio, e di quelli voglio parlare un attimo.
Ci sono tanti aggettivi che mi vengono in mente quando penso a mio papà, molte qualità che lo contraddistinguevano, e che immagino siano familiari alla maggior parte di voi. La grinta, determinazione, coraggio, che per esempio gli hanno permesso di superare un grave incidente in bici all’età di 80 anni, alla faccia del medico che gli disse che si doveva accontentare di andare in giro in sedia a rotelle. Invece lui è tornato in bicicletta e sugli sci, fino a questo passato Febbraio, alla soglia dei 90 anni, quando abbiamo sciato insieme in Alta Badia! E poi la saggezza, l’esperienza, la pacatezza, la pazienza, la vivissima intelligenza. E potrei continuare per molto.

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