Partito

Congresso PD: No alla divisione dell'area riformista e di sinistra

“Lettera aperta” di Paolo Pagani ai Dirigenti nazionali del PD

Scrivo questa “lettera aperta” a nome d’un gruppo di Amici e Compagni, dirigenti provinciali e di Circoli PD di Brescia, che hanno convintamente sostenuto la candidatura di Bersani a segretario di partito e a premier, per esprimere una grande preoccupazione in merito ad alcune scelte congressuali. Il prossimo congresso dovrà essere di rifondazione del PD come partito di centro sinistra, plurale, riformista e popolare. In questa prospettiva un ruolo e una responsabilità dirimenti spettano in particolare anche all’area riformista e di sinistra del partito. In una fase molto complessa e difficile, considerando i gravi problemi sociali, occupazionali ed economici sul cammino del Governo Letta, nonché l’incertezza che grava sulla sua prospettiva.

Bragaglio: Rifondare il PD

Dopo le drammatiche giornate del PD, nulla può essere scontatamente come prima.

Sia per chi il PD non l’ha voluto, così come poi  s’è formato. Sia per chi pensa che il PD - quello vero - non sia mai nato. Sia per chi immagina che il grande sogno d’un partito nuovo lo si sia tradito. Sia per chi teme - rassegnato - che sia ormai prossima un’esplosione.

Di tutto si dovrà discutere, perché pesanti errori – e non solo recenti -  si son compiuti, ma con l’intenzione e la ferma determinazione  di “rifondare”, e non di “liquidare” questo partito.

Immaginando, per il futuro,  anche la necessità di articolazioni interne diverse, nel quadro più ampio e ricomposto del centro sinistra. Con strategie, perimetri, identità e rappresentatività sociali e culturali da ridefinire. Anche alla radice. 

 

Bragaglio: Primarie come leva di partecipazione civica e di cambiamento

Dal voto emergono dati incoraggianti per le elezioni in Loggia, sia per il PD che per l’ampia coalizione che si è riconosciuta nel patto civico di Ambrosoli. Ma v’è pure la consapevolezza che non vi siano automatismi. Considerando, oltretutto, l’eventuale contraccolpo di vicende nazionali, con un  governo simil-tecnico. O regionali, con Maroni percepito come un reale cambiamento e non come una finzione postformigoniana.

Il modello di Ambrosoli rappresenta sicuramente l’ineludibile riferimento per un PD aggregativo d’una ampia coalizione. Sapendo altresì che Ambrosoli ha pure rappresentato il vantaggio d’una candidatura civica e d’una forte evocazione “morale”.

In secondo luogo si pone a Brescia il problema d’un processo partecipativo della città, quindi delle “primarie”, intese non già come una burocratica definizione di rapporti interni alla coalizione, ma come occasione -  da troppo tempo rinviata od aggirata – per un confronto non autistico in città tra programmi e candidati. Anche al fine di promuovere la legittimazione di scelte, con modalità non solo partitiche, analoghe a quelle già soccombenti nel 2008.

Bersani, Monti, Mar Rosso e… Machiavelli

Ero (e sono) convinto che con la caduta di Berlusconi la via privilegiata da imboccare fosse allora quella delle elezioni immediate, con la restituzione della parola al Paese. Se la competizione è competizione, non si capisce perché la democrazia non debba essere democrazia! Allora – se non sbaglio - m’era parsa questa la posizione di Bersani. Come in Spagna, dopo Zapatero con Rajoy. Proprio la gravità della crisi esigeva un nuovo governo del Paese, più che un “Governo tampone” sostenuto da forze opposte e tra loro paralizzate. Il Governissimo dell’ABC , appunto, composto da forze non solo avverse, ma nemiche. Si disse “prima l’Italia”. Bene. Ma proprio la precedenza all’Italia (mi pare si dicesse proprio Italia e non Mercati!) non comportava un’assunzione diretta di responsabilità da parte del PD per guidare la fuoriuscita definitiva dal berlusconismo? Rischiosa l’attraversata del Mar Rosso? Certo, ma non è stato il massimo tenersi quest’anno accampati in Egitto. Ovvero in un Parlamento in maggioranza fatto da berlusconiani ed aspiranti eredi.

Bragaglio: con Monti la sfida per l'Italia, la Lombardia e Brescia

Con Monti in campo si delinea una prospettiva più positiva per il Paese. Non mancheranno contrasti con il PD, ma intanto si alza il livello della sfida per il governo, liberati dalla “morta gora” del berlusconismo. Cambia il quadro politico, nella direzione auspicata dal PD, verso un’alleanza tra progressisti e moderati. Non va quindi temuta un’operazione di “centro” che, proprio contro Berlusconi, s’è desiderata. Discutibili saranno forse le forme, ma con la sola Udc la “cosa moderata” non sarebbe decollata. Tocca ora al PD non abbassare la guardia in fatto di lavoro, diritti, equità e sviluppo.

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