Interventi

A2A ad un bivio. Direzione: Governance pubblica e territorio

A2A è ad un bivio. Anche i brillanti risultati della gestione dell’a.d. ing. Mazzoncini direbbero per A2A d’una scontata prospettiva. Ma così non è se il Sindaco di Milano parla d’una “diluizione” dei Comuni di Milano e di Brescia, in un accresciuto capitale sociale di A2A. Una proposta non concordata con Brescia, seguita da stringate righe correttive dei due Sindaci, Castelletti e Sala. Ma con l’ambiguo riferimento ad uno “stato attuale”. Mentre invece – e molto bene - la sindaca Castelletti è stata chiara nell’escludere tale ipotesi. E’ poi stata avanzata una proposta di incremento di capitale - in sede di presentazione del “Piano Strategico 2024-35 di A2A” - ma che riguarderebbe singoli Asset di attività e solo “investitori passivi”. Basta non sia il gradino intermedio, ma con sempre l’obiettivo della…“diluizione” finale dei Comuni.
Un precedente, però, ci dice che non s’è trattato solo d’uno “stormir di fronde”. Alludo alla vicenda del Fondo finanziario francese Ardian. Nel 2021/22, A2A aveva già sottoscritto impegni con Ardian per un nuovo assetto. Una NewCo con partecipazione del Fondo con un suo 45% di capitale ed un 55% di A2A. Con l’illusione di A2A di esser maggioranza. Ma sottovalutando che il Dominus della NewCo sarebbe stato invece il Fondo Ardian, che ha una sola voce. Mentre l’altro fronte, con la “diluizione” dei due Comuni (all’angolo con il loro 25% del capitale) e la frammentazione degli altri soci, avrebbe subito un mutamento radicale. Col cambio anche della “mission”, su cui è stata fondata A2A. Nonché il rischio d’una pericolosa divaricazione anche con l’attuale Management. Quindi il rischio d’una tutt’altra storia, protesa verso una…A3A!




La Leonessa affatata - di Maddalena Capalbi (Liberedizioni) - prefazione di Claudio Bragaglio - settembre 2023

Avvincente la passeggiata tra le bellezze bresciane, con il ritmo
incalzante d’un idioma romanesco messo in rima da Maddalena
Capalbi. Poetessa che, all’ombra della montagna nostra che
porta lo stesso nome, s’emoziona al punto che me se fracicheno
l’occhi! Scopre così una Leonessa affatata, resa maggica, agli
occhi suoi... ma pure ai nostri, dopo la lettura di questi versi.
Come accade nella musica quando vibra l’emozione d’un virtuo-
sismo, fino ad un attimo prima non intuito o financo ignorato.

A una bella Brescia vista così anche da fuori, ci siamo ormai abi-
tuati. Dai primi e solitari tedeschi che dalle sponde turistiche del
Garda s’avventuravano spaesati e stupiti, col naso all’insù, di
fronte al Palazzo della Loggia. Al successo poi delle “Grandi Mo-
stre”, di Gauguin, di Van Gogh e di molti altri, promosse dal sin-
daco Paolo Corsini e da Marco Goldin. Con frotte di visitatori al
Monastero di Santa Giulia - diventato, con Vasco Frati assessore,
Museo della Città - tra un rifiorir di piazze e di monumenti. Un
salto di qualità che ha fatto storia anche per il turismo culturale
fino ai giorni nostri, con “Bergamo e Brescia Capitale della Cul-
tura 2023”, promossa da Emilio Del Bono e da Laura Castelletti,
già sindaco il primo e neo sindaca, la seconda. Nel ricordo dolo-
roso d’un evento tragico come il Covid 19, ma pure con la de-
terminazione d’un riscatto civico.

Maddalena accosta nei suoi versi Trilussa ad Angelo Canossi ed
evidenzia la loro amicizia. Vero il tutto. Persino il parallelo delle
loro diverse vite. Un binomio virtuoso, proprio per queste loro
diversità, ben descritto anche da uno studioso bresciano di gran
vaglia come Pietro Gibellini.

Provincia camuna? Valcamexit: il localismo porta in un vicolo cieco

di Claudio Bragaglio
(in: GRAFFITI, periodico della Val Camonica, ottobre 2023)
La stagione delle riforme istituzionali presenta un bilancio fallimentare. Ad un tale giudizio non si sottrae neppure il Centro Sinistra, considerando le proposte fatte per forme di governo - nazionale e locale - o per leggi elettorali. La causa più insidiosa d’un tale comportamento è quella di immaginare le riforme, più che dal punto di vista del Paese, in base a mutevoli interessi politici. Con “riforme” intese come varianti del consenso momentaneo per i partiti o – negli Enti Locali – anche per gruppi locali di potere, spesso trasversali.
Il giudizio critico riguarda le contraddittorie proposte di riforma avanzate sia per forme di Stato e di Governo, che per Regioni ed Enti Locali. Passando dalla Commissione Bicamerale del 1977, presieduta da D’Alema, alla Riforma costituzionale Renzi-Boschi. Della Commissione D’Alema s’è salvata solo la riforma del Titolo V della Costituzione, riguardante Regioni, Province e Comuni, approvata nel 2001. Mentre la riforma Renzi-Boschi è stata respinta nel Referendum del 2016, con il 60% di voti contrari. Bocciando quindi anche la scelta di sopprimere le Province, prevista in tale testo anche in chiave “anticasta”.
Ma alle nostre spalle c’è confusione perché lo “spirito del tempo” è ancora quello della legge-ponte del ministro Delrio, tesa al superamento delle Province con l’eterea idea degli “Enti di area vasta”! Si aggiunga il voto per le Province, ma di secondo livello, ovvero un voto espresso non dai cittadini, ma dai soli Consiglieri comunali.
Oggi il tema si ripropone, ma per una nuova futura Provincia e ritorna in campo il voto “restituito” ai  cittadini. Questa la possibile novità, oltre che l’auspicabile voto per le Province nel 2025.
In fatto di leggi elettorali s’è disinvoltamente passati da sistemi proporzionali a quelli maggioritari. Dal Mattarellum del 1994, al Porcellum del 2005 ed al Rosatellum in vigore. Con elettori che votano per i Comuni con un sistema elettorale pressoché opposto a quello  nazionale!
Con le rinate Province per taluni c’è pure il ritorno di fiamma per la “Provincia Camuna”. Una tentazione, quand’anche con poche speranze. Ma con un nuovo giro di giostra…non si sa mai!
Si pensi alla proposta di legge, del 1994, per la “Provincia Camuna”-  con capoluogo Darfo - del sen. Garatti. Alla stessa idea, nel 1998, dell’on. Caparini, ma con capoluogo Breno. O, nel 2001, del sen. De Paoli, pure con quella sua screditata lista civetta di “Lega Alpina Lumbarda”.
I tentativi di riforma più seri, proposti tempo fa anche dall’Unione delle Province (UPI), sono stati  quelli di assicurare alla Provincia un ruolo di cerniera tra Comuni e Regioni. Si erano così avanzate varie ipotesi, in presenza della novità delle 15 Città metropolitane che sostituivano le loro Province.
Ma i parametri erano quelli di prevedere Province almeno con 300 mila abitanti, il loro accorpamento o la soppressione di Province in piccole Regioni dove era possibile un rapporto diretto tra Comuni e Regioni. Tale Riforma avrebbe ridotto di circa un terzo il numero delle Province esistenti. Ma una divisione anche fra “opposti localismi” ha fatto fallire la soluzione auspicata. Aprendo così la strada alla soppressione, sic et simpliciter, delle Province stesse.
Va ripreso il cammino di una seria riforma, non solo col voto restituito ai cittadini, ma respingendo il localismo che ci riporterebbe in un vicolo cieco.

Provincia camuna? Valcam-exit: il localismo porta in un vicolo cieco (graffiti n. 321 - settembre/ottobre 2023) di Claudio Bragaglio

La stagione delle riforme istituzionali presenta un bilancio fallimentare. Ad un tale giudizio non si sottrae neppure il Centro Sinistra, considerando le proposte fatte per forme di governo - nazionale e locale - o per leggi elettorali. La causa più insidiosa d’un tale comportamento è quella di immaginare le riforme, più che dal punto di vista del Paese, in base a mutevoli interessi politici. Con “riforme” intese come varianti del consenso momentaneo per i partiti o – negli Enti Locali – anche per gruppi locali di potere, spesso trasversali.
Il giudizio critico riguarda le contraddittorie proposte di riforma avanzate sia per forme di Stato e di Governo, che per Regioni ed Enti Locali. Passando dalla Commissione Bicamerale del 1977, presieduta da D’Alema, alla Riforma costituzionale Renzi-Boschi. Della Commissione D’Alema s’è salvata solo la riforma del Titolo V della Costituzione, riguardante Regioni, Province e Comuni, approvata nel 2001. Mentre la riforma Renzi-Boschi è stata respinta nel Referendum del 2016, con il 60% di voti contrari. Bocciando quindi anche la scelta di sopprimere le Province, prevista in tale testo anche in chiave “anticasta”.

Nel luogo di San Pancrazio - prefazione al libro di Osvaldo Vezzoli 2000

di Claudio Bragaglio

Nell'interessante libro di Osvaldo Vezzoli si snoda la vicenda storica della comunità di San Pancrazio: un piccolo centro costantemente esposto all'attrazione di forti polarità municipali rappresentate dai comuni contermini di Palazzolo, Erbusco ed Adro. Una comunità, nata all’interno di questo più ampio campo magnetico, che è stata direttamente influenzata per ragioni territoriali e sociali dal contesto di un'area che si estende alla  Franciacorta occidentale.
Nel corso dei secoli, in particolare fino a metà '800, queste località si sono culturalmente e politicamente definite come un territorio di frontiera. Una frontiera strategica tra Ovest ed Est, di carattere politico e militare in primo luogo, per via di quella secolare stagione che ha diviso l'Italia settentrionale, posta in tensione tra la dominazione veneta, entro cui è gravitata anche la provincia di Brescia, ed il ruolo egemonico dello Stato di Milano.
Non meno significativa, anche se meno evidente, una seconda linea di confine ha interessato realtà come San Pancrazio. Una linea orizzontale, tracciata tra il Nord ed il Sud, in particolare per gli aspetti produttivi, culturali e del paesaggio agrario, che ha diviso la fascia montana - costituita dalla cornice alpina dominata in terra bresciana dall'Adamello - da quella vasta area rappresentata dalla Pianura padana. La fascia pedecollinare dell'intera Lombardia – come ha rilevato anche Carlo Cattaneo nel suo studio: "Notizie naturali e civili su la Lombardia" - presenta una tipicità culturale, non sempre immediatamente avvertita, spesso ignorata nelle sue peculiarità e che invece nella storia delle società agricole ha assunto un rilevante rilievo.


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