PD: CHI NEL CONGRESSO E CHI NO. Una riflessione su “La Leonessa” di BresciaOggi

A cose fatte – ma citando ancora il Congresso del PD - m’ero ripromesso di riprendere alcune critiche de “La Leonessa”, su BresciaOggi, del 2 marzo ’19, Con ironia, in tale rubrica, si chiedeva il perché d’una “paura del coming out”, nella scelta del Segretario nazionale. Un perché rivolto al Sindaco Del Bono e ad Assessori, nonché a Zanardi, Segretario PD e ad Alghisi, Presidente della Provincia. Per concludere in modo caustico: “Se non si esprimono i leader perché mai la base dovrebbe riconoscerli come tali”?
Per quel che mi riguarda - e senza intenzione di far l’avvocato di chi non ne ha bisogno - mi limiterei ad un aspetto critico più generale che, a mio parere, ha un qualche serio fondamento.
Infatti il Congresso del PD – e nel momento più acuto per la propria sopravvivenza - ha registrato un certo disimpegno di vari esponenti. Di Sindaci, Assessori e quant’altro. D’un Veltroni stesso, a differenza persino d’un Prodi e d’un Letta. Da questa mia riflessione escludo i “cerchiobottisti” o i “donabbondio”. Che neppure considero. Come pure chi ritiene il carro della politica come quella tal cosa su cui saltare, ma senza fatica e rischio di doverla poi anche tirare. In questo caso stigmatizzo un qualcosa d’allarmante che ha irretito anche il PD. Ovvero l’idea d’un partito inteso come un motore di propaganda, ma da riaccendere solo quand’è un possibile Comitato elettorale. Magari anche solo per se stessi. Mentre ben altri sarebbero i luoghi deputati per le scelte importanti del governo reale, dal Parlamento all’ultimo dei Consigli. Con la politica poi affidata solo agli eletti. O al ristretto cerchio delle “lobby”.