Il nuovo PD di Zingaretti non solo “oltre il renzismo”

Sulla vittoria di Zingaretti son diverse le interpretazioni, anche del senno di poi. Ma, a mio parere, vanno individuate le ragioni di fondo. Guardando l’albero del PD, al di là dell’estetica della sua chioma, dalla parte delle radici più profonde. Quindi ben oltre la frattura stessa tra pro e contro Renzi, che s’è risolta nelle Primarie. Senza “vis polemica”, ma neppure con le reticenze di taluni: “renziani” di ieri e “zingarettiani” d’oggi.
Ciò che oggi risulta acquisito - penso anche a recenti interviste del Sindaco Emilio Del Bono, fatte dopo l’esito pro Zingaretti – è il cambiamento della linea politica del PD. Infatti, il ritenere indispensabile il sistema delle alleanze politiche e civiche, che trascina con sé anche quelle sociali, significa modificare l’atto fondativo del PD. Quello della “vocazione maggioritaria”, dell’autosufficienza, del bipartitismo e d’un sistema elettorale ad esso funzionale, della coincidenza del leaderismo di partito e di governo.
Si dirà: è solo un problema di diversi, ma opinabili “modelli” politici. No. Si tratta invece d’un diverso modo d’intendere i rapporti tra politica e società, tra sistema partitico ed il Paese. Si tratta del cuore d’una diversa rappresentanza politica. Del valore delle mediazioni sociali. Del rifiuto d’una “autonomia del politico”, del tutto “disintermediato” dalle forze sociali, produttive e sindacali, in un quadro - per quanto soft - di tipo neoliberista.